Il progetto esprime un’intenzione: far studiare meglio gli studenti e lavorare con efficienza gli addetti ai lavori, dentro un luogo organizzato, funzionale e ameno. È un’intenzione che si connette al desiderio di non occupare il paesaggio con volumi edilizi ingombranti: perché lì è costituito da elementi naturali discretamente incontaminati. Così la collina alberata e il prato verde, la conca umida e alcuni frammenti d’edilizia tradizionale diventano termini di confronto imprescindibili che il progetto intende arricchire quantitativamente, senza sconvolgerne i caratteri originari (per questo l’edificio in progetto è adagiato alla collina: non richiede scavi nel terreno antistante che ha scarse capacità portanti e nasconde una falda acquifera).
Sotto questa luce, le richieste dell’Ente Banditore non devono entrare in conflitto con le peculiarità di questo bel luogo: troppo spesso abbiamo assistito alla distruzione di territori e campagne, di parchi e centri storici. E ciò non solo per negligenze progettuali o per volontà d’incidere, con segno virtuoso, sul volto dei nostri paesaggi italiani.
Siamo consapevoli che il destino di questo frammento di territorio dipenda anche dalle capacità progettuali espresse dal progetto, dal nostro mestiere di architetti. Siamo consapevoli, però, che il problema progettuale, a cui dobbiamo rispondere, non è l’ampliamento dell’Università Bocconi di Milano. Il tema progettuale, a cui dobbiamo fornire una proposta progettuale, è quello tracciato dal Bando di Concorso: “progettare un nuovo edificio per la Scuola Media Statale comprensoriale dimostrando di aver compreso le richieste del Committente; di aver la piena padronanza degli strumenti della progettazione e altresì di possedere le competenze tecniche necessarie per gestire l’intero iter progettuale”. Così, dopo aver analizzato il luogo e le indicazioni contenute nel Bando, abbiamo iniziato a lavorare: abbiamo iniziato a discutere e conversare, a tracciare qualche ipotesi progettuale.
Quasi subito ci siamo accorti che il progetto di una Scuola Media non riguarda soltanto la risposta alle complesse questioni organizzative e funzionali, distributive e normative – questioni certamente importanti e alle quali abbiamo dato una risposta – ma riguarda anche l’investigazione di cose “altre”. Ossia cose che toccano la memoria della nostra infanzia scolastica: I promessi sposi letti e poi dimenticati, gli incontri e scontri con compagni e docenti, l’ansia d’uscire al suono della campanella e la paura d’affrontare il primo giorno di scuola, il sacrificio (anche) dello studio e il desiderio del gioco. E cose che richiamano alla memoria altre architetture, costruite nel corso del tempo, da bravi colleghi architetti. Queste suggestioni, definite “altre”, sono entrate in risonanza con le prime intenzioni progettuali: in particolare due sono le suggestioni che hanno informato le nostre discussioni.
La prima riguarda l’importanza d’intendere la Scuola come luogo collettivo per eccellenza: un luogo dove, ognuno di noi, ha mosso i primi e importanti passi verso l’apprendimento, la conoscenza, l’inserimento nella società civile. Così abbiamo subito considerato le aule e la biblioteca i luoghi principali del progetto, anche dal punto di vista simbolico. Abbiamo pensato ad aule didattiche funzionali, ben illuminate e protette dai raggi solari, parallele alla collina: abbiamo pensato a una biblioteca “importante” posizionata in un luogo centrale, comoda, ben visibile e capace d’istituire qualche corrispondenza con il Municipio, centro civico del Paese.
La seconda riguarda l’importanza del gioco: quindi dell’aspetto ludico che, per noi, è proprio dell’imparare. Così abbiamo pensato a una scuola che contiene ogni funzione necessaria: ma anche a una scuola che rappresenta – essa stessa – il terreno di gioco e di svago. Essa è infatti un manufatto che può essere “praticato” dall’esterno, calpestandone il tetto verde, per esempio: un manufatto che può essere attraversato visivamente e fisicamente, poiché dialoga facilmente con il paesaggio naturale circostante, attraverso per esempio l’impiego di molteplici superfici vetrate mobili.
A queste suggestioni “altre” abbiamo aggiunto l’attenzione ai contenuti presenti nelle normative in vigore sull’edilizia scolastica: in particolare alle possibilità fornite dal concetto di standard e funzionalità applicato agli ambienti scolastici e in particolare alle aule normali. Queste ultime sono a pianta quadrata: sono dotate di un idoneo sistema di ricambio d’aria – mediante bocche di aerazione forzata; hanno il pavimento scuro che consente di raccogliere, nei periodi invernali, le possibilità energetiche fornite dai raggi solari; hanno adeguati schermi di tessuto per proteggere le invasive radiazioni solari; infine sono dotate di un’ampia superficie vetrata per favorire il rapporto visivo con il prato antistante e per raccogliere la luce del mattino.
Mentre, per quanto riguarda gli spazi connettivi (atrio e corridoi), il progetto ha preferito “uscire” leggermente dalle indicazioni minime, di superfici nette, imposte dai manuali d’edilizia scolastica. Perché questi spazi sono importanti nella progettazione di una scuola. E non solo dal punto di vista distributivo. Quindi essi sono articolati, ameni, vari e ampi: sono luoghi di svago e gioco, ricreazione e didattica. Inoltre, attraverso l’utilizzo di vetrate mobili, questi spazi connettivi possono diventare flessibili, e trasformarsi in aule all’aperto, capaci d’istituire corrispondenze con la collina soprastante.
Infine, il progetto vuole proporre soluzioni reali alle possibilità fornite dal variegato panorama tecnologico: non solo in termini di conoscenze ma anche in termini d’applicazioni concrete. Così se proponiamo un tamponamento esterno di pannelli prefabbricati di calcestruzzo pre-colorato – adeguatamente isolato con materiale biologico ad alta densità ed elevata inerzia termica – pensiamo anche ai sistemi d’ancoraggio, alla struttura portante in parte prefabbricata, che dovrebbero agevolare la posa in opera, ridurre tempi e costi di cantiere, e al contempo risolvere la questione architettonica dell’angolo: una questione complessa che sin dall’antichità è stata intimamente legata al modulo progettuale impiegato. Questa considerazione ci porta a dire che i disegni, qui presentati, hanno carattere indicativo, non prescrittivo, perché devono ancora essere migliorati attraverso il dialogo con il posatore e con chi prefabbricherà i pannelli esterni. Per questo, i nostri disegni vogliono essere puntuali e insieme aperti a soluzioni alternative.
Così anche i colori e i materiali che proponiamo, il calcestruzzo pre-colorato rosso mattone per il basamento, quello color naturale per le aule speciali, lo zinco e le capriate di legno per il tetto delle aule speciali, possono variare lievemente, pur restando coerenti con le intenzioni progettuali di separare nettamente il basamento da ciò che sta sopra e di confrontarci con la migliore tradizione costruttiva. Queste intenzioni valgono anche per il tetto piano rinverdito, che nasce per definire una qualche forma di continuità con la collina retrostante. Non solo: esso ha preso corpo soprattutto per le sue valenze di risparmio energetico: (studi e applicazioni recenti hanno dimostrato la sua elevata capacità d’isolare termicamente e acusticamente i manufatti edilizi). Inoltre, il tetto rinverdito mitiga l’impatto ambientale della costruzione sul paesaggio: e favorisce tanto il dialogo con il contesto naturale quanto il gioco degli studenti durante la ricreazione.
Scriviamo questo non per togliere peso al progetto d’architettura, peso per noi rilevante: ma perché pensiamo che il progetto, qui presentato, non sia il frutto di chi crede nella centralità del progettista durante l’intero processo costruttivo. È ancora un progetto che deve essere affinato attraverso ulteriori scambi con gli addetti ai lavori. Per questo pensiamo di fermarci qui. E di terminare il commento ai disegni di questa nostra proposta progettuale…